Visti da lontano – La fine dell’eternità

“Visti da lontano”, questo il titolo di una serie di post che vedranno come guest author dei non appassionati, persone che non leggono SF come genere principale e che possono appunto darci un approccio diverso a temi e storie che conosciamo. Questa volta è il turno di Camilla P., che si cimenta con un classico del genere come La fine dell’eternità di Isaac Asimov. 

Isaac Asimov

La fine dell’eternità

(Orig. The end of Eternity – 1955)

Edizioni Editalia (in collaborazione con edizioni Piemme) – giugno 2000

traduzione di Serena Bellavita

Fino a qualche anno fa, la mia conoscenza della fantascienza si riduceva al concetto navi spaziali + alieni + esplosioni. Non ho mai avuto amici appassionati che potessero correggere questo cliché che avevo in testa e, all’epoca, leggevo libri troppo distanti da questo genere perché mi portassero a incontrare, anche solo per caso, qualcosa che mi facesse cambiare idea.

Poi ho scoperto il mondo di internet.

La blogosfera, i siti dedicati ai più svariati argomenti, i social network letterari.

E attraverso l’iter che potete facilmente immaginare (una recensione positiva qui, uno speciale interessante là, degli articoli curiosi su un argomento particolare e insolito…) finalmente mi sono avvicinata, passettino dopo passettino, alla fantascienza. Ho letto qualche libro, ho cominciato ad appassionarmi ai film di questo genere.

Per carità, sono ancora agli inizi (anzi, mi sembra di non aver ancora superato i blocchi di partenza): ma ora so che mi aspetta un mondo molto, molto più vasto di quello che potevo immaginarmi prima – un mondo che, ora come ora, adoro esplorare.

Quindi, quando ho parlato con Nick di questa iniziativa e lui mi ha proposto di prenderne parte, ho pensato “Perché no? E’ tempo che tu prenda il toro per le corna e la smetta di girarci attorno. E’ il momento giusto per attaccare un classico del genere!”.

Sapevo già chi scegliere. C’è forse un autore che sia più classico di Asimov, quando si parla di fantascienza?

Ho scelto un libro che avevo in casa da tempo immemore e che, stando a quel che ho letto in giro, potrebbe essere una buona introduzione al mondo di questo grande autore: La fine dell’eternità.

A fine lettura, credo di poter dire che è stata un’ottima idea: ho ricevuto una spiegazione logica dei viaggi nel tempo, ho affrontato dilemmi che non avrei mai immaginato potessero mettermi in crisi e finalmente ho capito cosa ha portato Asimov ad essere così amato dai suoi lettori.

Guardiamo un momento la trama (tratta dall’ultima edizione Mondadori):

In un futuro ancora molto lontano l’uomo ha imparato a viaggiare nel tempo, spostandosi con disinvoltura da un secolo all’altro e organizzando traffici commerciali tra ere diverse. Il viaggio nel tempo permette anche di tenere l’umanità sotto rigido controllo, modificando tutto ciò che potrebbe provocare gravi turbamenti nella storia. A effettuare i cambiamenti sono delegati gli analisti e i tecnici della chiusa casta degli Eterni, gli unici in grado di manipolare passato e futuro. Un giorno però Andrew Harlan, un giovane Eterno, si trova di fronte ad una scelta atroce: salvare l’eternità o il suo amore, e non avrà dubbi.

Per spiegarvi meglio le idee che ho accennato prima, penso sarà meglio cercare di procedere in modo ordinato e legarle alla trama del libro stesso (Asimov e la sua mentalità scientifica mi hanno influenzata!).

In un futuro ancora molto lontano l’uomo ha imparato a viaggiare nel tempo, spostandosi con disinvoltura da un secolo all’altro e organizzando traffici commerciali tra ere diverse. Il viaggio nel tempo permette anche di tenere l’umanità sotto rigido controllo, modificando tutto ciò che potrebbe provocare gravi turbamenti nella storia.

I viaggi nel tempo! Croce e delizia di chiunque mastichi anche solo un po’ di SF, persino per qualcuno che, come me, avrebbe bisogno di un manualetto di fantascienza for dummies. E’ possibile ipotizzare un macchinario scientificamente realistico (ovvero che non sembri totalmente campato per aria, o quasi “magico”) che permetta il viaggio nel tempo? Si può modificare il passato? Cosa succede alle persone che modificano il passato, e a quelle che con esso vengono modificate?

Asimov dà una risposta a tutte queste domande – e, cosa più importante, lo fa in modo sensato. Mi è capitato, vedendo un film o leggendo un libro in cui sono presenti i viaggi nel tempo, di avere come l’impressione che qualcosa non tornasse; che ci si basasse molto sul fatto che lo spettatore avesse implicitamente fatto un patto per cui lui avrebbe creduto al viaggio intertemporale presentato. Ebbene, Asimov non ha bisogno di fare alcun patto con il lettore, perché la sua spiegazione, per quanto fantascientifica, è perfettamente sensata. Tutto, dalla fonte di energia alla divisione dei compiti, è logico e verosimile: in questo si sente molto la presenza dell’Asimov scienziato.

Il bello è che, pur descrivendo concetti così complicati,  non elimina del tutto l’aura di meraviglia e stupore che circonda l’argomento (e lo rende così affascinante), né si esprime in modo contorto, anzi: mostra una dialettica portata per la divulgazione scientifica , coadiuvata da uno stile piano e diretto, privo di fronzoli. Mi è piaciuto molto; tuttavia, non posso farea meno di notare che, quando questo stesso stile è usato nei momenti più narrativi, la sua semplicità risulta quasi eccessiva e i momenti di pathos, salvo certe eccezioni, ne soffrono un po’.

Il viaggio nel tempo permette anche di tenere l’umanità sotto rigido controllo, modificando tutto ciò che potrebbe provocare gravi turbamenti nella storia. A effettuare i cambiamenti sono delegati gli analisti e i tecnici della chiusa casta degli Eterni, gli unici in grado di manipolare passato e futuro.

I dilemmi che riesce a sollevare questo libro! È giusto modificare la realtà alla ricerca di un’ipotetica pace perfetta, tra l’altro all’insaputa della maggioranza della popolazione? Colonizzare zone grigie di ogni secolo, per controllarli quasi come dittatori, seppur pensando al bene comune? Stravolgere intere esistenze, solo perché sono meno speciali di quelle che si intende preservare? Oppure, dare a certi secoli delle cure e ad altri no, sulla base di soli calcoli matematici e osservazioni, come se fossimo tutti cavie sotto esperimento?

Asimov non sembra schierarsi, nonostante la conclusione possa far pensare il contrario: in fondo l’Eternità è una macchina ben funzionante, sopravvissuta nel corso di millenni e sembra effettivamente agire per ottenere un bene superiore. Il punto è che le motivazioni, per quanto buone, sono sempre al servizio di una tesi per cui pochi uomini si prendono il diritto di scegliere e controllare l’esistenza di intere civiltà.

Giusto e sbagliato sono separati da una linea sempre più sottile man mano che procede il romanzo, anche perché l’autore non fa mancare prese di posizione autorevoli e persuasive esposte a favore di entrambi gli schieramenti. E’ una questione che non può fare a meno di insinuarsi nella mente del lettore.

Un giorno però Andrew Harlan, un giovane Eterno, si trova di fronte ad una scelta atroce: salvare l’eternità o il suo amore, e non avrà dubbi.

Arriviamo al punto più critico di questo mio approccio con Asimov, ovvero la caratterizzazione dei personaggi. Diciamo che, per certi versi, sono piuttosto approssimative: non si può dire che siano fatte male, semplicemente sono poco curate. I dilemmi di cui ho appena parlato hanno sicuramente dato una mano nel rendere i personaggi più tridimensionali, ma ovviamente non sono sufficienti a costruire un’intera personalità.

Andrew Harlan, essendo il protagonista principale, è quello con un po’ più di spessore: ne conosciamo abitudini e passioni, ne seguiamo il tragitto verso una nuova consapevolezza, lo vediamo mentre affronta lo sgretolamento di convinzioni che gli sono stati inculcate da quando era un ragazzino. Eppure… eppure, paradossalmente, siamo più presi dallo svolgersi dell’evento in sé, piuttosto che dalle ripercussioni che queste hanno sul nostro protagonista. Potete ben capire, quindi, che il coinvolgimento nei personaggi non è decisamente il punto di forza di questo libro. Mi sono sentita un po’ più vicina ad Harlan solo quando ho iniziato a pormi anche io le domande che assillavano quest’uomo – quando, insomma, mi sono “costretta” ad identificarmi con lui; per il resto, non ho provato alcuna empatia.

Lo stesso dicasi per il calcolatore Twissell, personaggio fondamentale della storia: conosciamo la sua vicenda nel dettaglio (forse è colui di cui sappiamo più cose), leggendo certi passi ne percepiamo la sofferenza, ma non si riesce a “toccarlo” e purtroppo questo non è dato dalla distanza temporale che separa Twissell dal lettore (anche se ammetto di aver sobbalzato, quando ho scoperto quanto questa fosse grande).

Non parliamo poi del grande amore di Harlan, per favore. Piatta, piatta, piatta – si salva solo nelle ultime pagine e solamente perché parte di uno dei finali più inaspettati in cui mi sia imbattuta. Se non avessi già elencato un buon numero di motivi per farlo, vi consiglierei di leggerlo anche solo per il colpo di scena che si consuma negli ultimi capitoli.

Tiriamo i fili di questo commento, prima che diventi un papiro: La fine dell’eternità è un gran bel libro, sia che si parli di fantascienza, sia di narrativa in generale. Che siate novellini come me, o incalliti appassionati, il consiglio è lo stesso: leggetelo e lasciatevi trasportare in un luogo dove dovrete rivedere la vostra concezione di tempo…

Camilla P. è una bibliofila e una studentessa universitaria appassionata; ha 20 anni ed è irruente, socievole e un pochino lunatica. Oltre alla lettura ama scoprire cose nuove, confrontarsi col mondo, passeggiare e cercare i personaggi dei libri nelle facce che incontra. Gestisce da tre anni un blog dedicato ai libri, Bibliomania che le sta dando grandi soddisfazioni. 

Comments are closed.