Luca Masali, il volo di uno steampunker italiano

Massimo Citi ripercorre per noi parte della carriera di uno scrittore tanto interessante quanto, purtroppo, poco prolifico.

I Biplani di D’Annunzio di Luca Masali ha vinto il premio Urania 1995 ed è uscito nel 1996. Si tratta per certi versi di un romanzo classico di viaggi nel tempo, con la consueta cricca di perfidissimi che tentano di modificare il passato a proprio uso e consumo. Ma la cosa interessante (e deliziosamente ambigua) sono riflessi e conseguenze del cambiamento. I nazionalisti Russi del 2000  e passa, in combutta con i cetnici hanno infatti deciso di modificare il passato, facendo vincere la Prima Guerra Mondiale agli Imperi Centrali, impedendo così la disgregazione dell’Austria-Ungheria e la nascita della Jugoslavia. Il corollario ovvio di questo progetto, che non solo corona il sogno della Grande Serbia ma anche quello della Rinascita Slava e del Panslavismo degli estremisti di destra russi, è che né nazismo né olocausto hanno avuto spazio nella storia di questo secolo…  Non so quanto fosse cosciente lo stesso autore di questi sviluppi del suo romanzo (sarebbe un’interessante domanda da fargli, questa) dal momento che non ne accenna mai, fatto sta che la sua Europa che nel 1921 combatte ancora la Prima Guerra Mondiale ha il malinconico e terribile fascino di un mondo possibile e, per certi aspetti, preferibile al nostro. Nel suo romanzo appare un cospicuo numero di personaggi e comparse dai nomi altisonanti come Hermann Goering o Gabriele D’Annunzio, ma anche mafiosi italiani arricchitisi con il traffico d’armi verso la Bosnia, macellai serbi-bosniaci, giornalisti internet, pattuglie di Arditi e cavallereschi piloti dei velivoli della Grande Guerra, un cast non facile da tenere sotto controllo ma che l’autore conduce felicemente  fino alla parola fine senza dare la sensazione di giocare con nomi e fatti.

Masali riesce a sostenere più vicende parallele che si muovono in tempi e luoghi differenti grazie a un invidiabile senso del ritmo  e  valendosi di uno stile rapido e sciolto, spesso brillante. La sf italiana, vittima di inconsulti pruriti intellettuali dettati dalla coscienza di essere solo un povero genere minoritario nella patria dei Bevilacqua e dei Salvalaggio, ha evidentemente cambiato pelle. Masali si sforza di divertire il lettore, ma lascia spazio a riflessioni e interrogativi tutt’altro che banali. Ho ritrovato qui il piacere del pastiche, che ritenevo esclusivo patrimonio dello Steampunk anglosassone, del gusto di riinventare situazioni, personaggi, luoghi, storie. In breve: mi sono divertito e ho persino imparato qualcosa.

Difetti? A tratti un sentore di eccessivo tecnicismo nelle descrizioni dei velivoli (parola dannunziana, peraltro), un  piacere da collezionista di modellini nello sfoggiare termini tecnici e nozioni sul volo, ma è l’unico lieve inciampo di alcune sue pagine.

Impagabile, in ogni caso, il suo D’Annunzio che pure malsopportavo al liceo e che ho felicemente ritrovato qui: raffinato, blasé, decadente, temerario, squisito e divertente.

Sono così giunto a La perla alla fine del mondo, edito da Mondadori in un Speciale di Urania, carico di legittime aspettative. Non del tutto esaudite, per essere sincero.

Masali è uno scrittore d’avventura «serio», e qui per serietà intendo la necessità/curiosità di documentarsi scrupolosamente sull’ambiente, la storia e la cultura del periodo/luogo che si intende trattare, e la Perla ha sicuramente l’enorme  – davvero enorme, a pensarci bene – pregio di divulgare aspetti e caratteristiche della cultura araba e della religione islamica che altrimenti ben difficilmente sarebbero giunti in mano a molti lettori italiani. Con tutto ciò, quello che finisce per funzionare meno del romanzo di Masali è proprio la machina fantascientifica. Il romanzo è la narrazione dei tentativi di una fazione fondamentalista islamica del remoto futuro di impadronirsi dell’antico segreto dell’immortalità custodito in una grotta del Sahara, apparentemente contrastata (solo apparentemente) dagli emissari del futuro Impero Neo-Ottomano e da un sant’uomo – l’Imam nascosto – custode del “fiore dell’Islam”. In questa battaglia – ambientata nel 1924 – sono coinvolti, loro malgrado, anche l’aviatore Matteo Campini, già protagonista de I Biplani di D’Annunzio, e monsieur Citroën, ed è inevitabile che salti in mente il riferimento all’Arca dell’Alleanza e la chiesa dei Crociati di Indiana Jones – pur in assenza di nazisti. Per scrivere un romanzo all’altezza di simili riferimenti bisogna avere senso del tempo e destrezza nel definire le scansioni della vicenda, abilità nel creare eventi spettacolari, fiuto nell’escogitare coincidenze incredibili ma verosimili, nel disegnare fondali suggestivi, e nel riciclare con raffinata abilità elementi tipici dell’avventura (qui la Legione Straniera). Doti non certo di tutti, e Masali è il tipo di scrittore capace di condurre in porto imprese del genere. Fatto sta che La Perla mi ha sedotto molto meno dei Biplani, un po’ perché Campini sembra spesso rimanere estraneo alla vicenda, un po’ perché la ricostruzione del nostri anni ’20 è parsa meno scorrevole e più scontata, un po’ perché troppo spesso nei dialoghi i personaggi ostentavano un lessico troppo recente per risultare verosimile negli anni del fox-trot e, infine, perché l’agnizione finale del personaggio di Corinne appare con tutta evidenza una risorsa escogitata sul momento piuttosto che il frutto di un progetto meditato.

Quasi a conferma di questa difficoltà nel padroneggiare completamente la vicenda, i viaggi nel tempo de La Perla appaiono un macchinoso escamotage non sempre ineccepibile, foriero di paradossi a catena per un lettore nemmeno troppo distratto.

Bastano questi elementi a catalogare il romanzo di Masali come un fiasco?

No. Per quanto scritto più affrettatamente e con ambizioni probabilmente eccessive, La Perla testimonia abbondantemente delle capacità non comuni di Masali, permettendoci  di attendere con fiducia la sua terza prova.

La balena del cielo di Luca Masali non è esattamente una novità. Pubblicato nel 2008 da Sironi l’ho letto tempo fa ma dimenticandomi di inserirlo tra i libri recensibili.
Sono tre racconti di lunghezza decrescente, ambientato il primo sul lago di Garda, nel 1927, il secondo a fianco di Nobile sul dirigibile Italia nel 1928, il terzo a Guernica nell’aprile del 1937. Protagonista ancora una volta il capitano triestino Matteo Campini, ex-aviatore dell’Imperial-regia aeronautica austriaca divenuto italiano soltanto alla fine della Prima Guerra Mondiale. L’antologia è anche la terza e ultima parte delle gesta del capitano Campini. Curioso tipo di fantastico, quello di Masali, accortamente ritagliato nelle pagine meno note di storie peraltro famose. Delle vicende dei suoi personaggi, vissuti nella prima metà del secolo scorso, non rimane – non casualmente – nessuna traccia. Una storia «irregolare», curiosamente simile ma qualitativamente molto superiore a certi episodi di X-FILES, perfetta per personaggi abbozzati con cura e humour. Una produzione non abbondante, quella di Masali, e per certi versi assai poco italiana. Davvero un pregio, visti i tempi che corrono.

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