Alfred Bester – l’Autore Disintegrato

Il primo Premio Hugo mai assegnato ad un romanzo, nel 1953, andò ad un romanzo intitolato The Demolished Man (L’Uomo Disintegrato, in Italiano), originariamente uscito a puntate su Galaxy, e scritto da Alfred Bester.
Bester aveva alle spalle un esordio sui pulp negli anni ’30 (aveva vinto un concorso di Thrilling Wonder Stories) ed una lunga militanza nell’ambito dei fumetti – dove aveva scritto outline per Green Lantern, Batman e per Capitan Marvel – prima di passare alla TV.
Autore poco prolifico, Bester segnalava, con L’Uomo Disintegrato, non solo la propria presenza come figura centrale del genere, ma anche che qualcosa, nel genere, stava cambiando.

Romanzo breve, scritto con uno stile personalissimo, The Demolished Man segue un antieroe nel suo pianificare ed eseguire un complicato omicidio – impresa impossibile, in una società nella quale esiste la telepatia e detective telepatici possono analizzare pensieri e memorie di chiunque.
Il romanzo riesce a mantenere alta la tensione, costruisce un poliziesco di fantascienza di ottimo livello, descrive con poche pennellate una società futura originale e riconoscibilisima, e spiazza ripetutamente il lettore, fino al finale ed alla “disintegrazione”.

Alfred Bester (1913-1987) è stato uno dei grandissimi della fantascienza, eppure soffre oggi di quell’oblio che pare sia stato riservato a una quantità di suoi colleghi.
Forse il problema è la sua produzione limitata – Bester non può rivaleggiare con i volumi di prosa prodotti dal suo contemporaneo Philip K. Dick.
O forse Bester paga il fatto di essere stato, per gran parte della propria carriera, sospeso fra l’ambito fantascientifico e quello letterario – pubblicò narrativa non di genere, curò le rubriche editoriali di alcune riviste, fu uno dei primi autori a pubblicare in ambito accademico sulla fantascienza.

Il successivo romanzo di fantascienza di Bester, The Stars My Destination (anche noto come Tiger, Tiger), nel 1956, conferma le tematiche care all’autore – la commistione di temi alti e popolari, un certo gusto per la crudeltà e il cinismo, una prosa estremamente compatta, che permette di sviluppare una storia ampia e profonda in un numero di pagine in fondo modesto.
Dichiaratamente ispirata a Il Conte di Monte Cristo, la storia dell’astronauta Gully Foyle e della sua vendetta è certamente uno dei testi fondamentali nello sviluppo della fantascienza moderna, e diventerà uno dei testi sacri della New Wave inglese – costituendo così un interessante anello di congiunzione fra fantascienza dell’età dell’oro e tendenze successive.
L’ombra lunga di Bester e delle sue storie ricadrà successivamente anche sul cyberpunk.

Considerando i contenuti di un romanzo come The Stars My Destination, definire “elegante” la prosa di Bester potrebbe essere ingannevole.
Bester fonde l’avventura spaziale con elementi che parrebbero più prossimi alla fantascienza sociologica, aggiungendo intuizioni scientifiche e invenzioni linguistiche che anticipano la narrativa fantascientifica dei tre decenni successivi.
Ma se un elemento è centrale, nell’opus di Alfie Bester, è la capacità di accoppiare linguaggio e contenuti nella creazione di narrative che non potrebbero esistere se non nella forma in cui vengono presentate.
Forse proprio per questo motivo, nonostante i progetti si sprechino, ed i media abbiano spesso tributato omaggi all’autore (in Babylon 5 e Firefly, a titolo di esempio), finora non si è mai realizzato un film basato su The Stars My Destination.

Bisognerà attendere fino al 1975 per il successivo romanzo di sf di Alfred Bester: The Computer Connection, ancora una volta uno studio sulla crudeltà, e sugli effetti della diversità sulla vita dell’individuo.
L’immortalità del protagonista è solo l’inizio dei suoi problemi, ed il primo passo del suo viaggio iniziatico.
Il romanzo contiene idee e suggestioni che verranno banalizzate dal cyberpunk dieci anni dopo.

Nel 1980, il complicato, eccessivo Golem100, che Bester definì il proprio lavoro migliore, è una colossale opera di sabotaggio di ogni possibile certezza intrattenuta dai lettori di fantascienza – un romanzo fatto per sorprendere ed offendere, infarcito di riferimenti obliqui e forse troppo indeciso fra celebrare la violenza o irridere il perbenismo del genere.
Quasi a segnalare che il linguaggio non è più capace di star dietro alle idee dell’autore, il romanzo include tavole illustrate, in una strana commistione meta-mediatica.
Molti lettori rimangono estremamente perplessi.
Frattanto, i racconti di Bester rimangono disponibili in numerose raccolte, la più popolare delle quali rimane Star light, star bright.

Nell’81 esce infine The Deceivers, che viene quasi monoliticamente ignorato dalla stampa specialistica – non distrazione, ma una scelta dettata dalla scarsa qualità del lavoro, prodotto da un Alfie Bester ormai molto malato e assillato da gravi problemi personali.

È sostanzialmente inutile, a questo punto, scrivere un paio di paragrafi che segnalino la grandezza e l’importanza di Alfie Bester per il genere.
Per qualità, coraggio ed influenza sul genere, il lavoro dell’autore newyorkese non è secondo a quello di Philip Dick.
La grandezza di questi autori la si afferma leggendoli, e non mummificandoli con delle vuote agiografie.

Alfred Bester muore il 30 settembre 1987, lasciando tutti i propri averi in eredità al proprio barman.

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