Philip K. Dick – VALIS (Trilogia di VALIS Vol. 1)

Fantascienza, filosofia e teologia: “VALIS” non è di sicuro una lettura semplice. Considerando che in esso si trovano anche elementi fortemente autobiografici, si può ben capire come esso non sia il modo migliore per approcciarsi, se ancora non lo si è fatto, all’opera di Philip K. Dick. Ma, una volta avuto a che fare con la sua produzione, è facile ritrovare in questo romanzo tutte le tipiche ossessioni dell’autore, quelle tematiche che ha sempre cercato di portare avanti nei suoi romanzi più famosi e più fantascientifici. In effetti “VALIS” è un calderone in cui confluisce tutto ciò a cui Dick era interessato, sia a livello narrativo sia a livello filosofico. Il libro è parte di una trilogia tematica, detta appunto “Trilogia di VALIS“, che comprende anche Divina Invasione e La trasmigrazione di Timothy Archer, quest’ultimo pubblicato postumo.

In “VALIS” seguiamo le vicende di Horselover Fat, un uomo distrutto dal suicidio dell’amica Gloria e dipendente dagli stimolanti. Grazie a un regalo di una ragazza, Stephanie, Fat entra in contatto con Dio. O con quello che lui ritiene sia Dio: un raggio di luce rosa riversa nella sua mente una quantità enorme di informazioni, tra cui dettagli nascosti sullo stato di salute di suo figlio. Da quel momento in poi Fat si dedica alla ricerca filosofica e teologica, cercando di capire cosa gli è successo, se davvero la sua esperienza mistica coinvolge la sfera del divino e in particolare che con che tipo di divinità è entrato in contatto. In questo è affiancato dagli amici Kevin, cinico e disilluso, David, fortemente cattolico, e Phil, affermato scrittore di fantascienza. Le teorie di Fat sembrano affondare nella malattia mentale, finché Kevin non vede un film in cui molti elementi coincidono con le cose di cui farnetica l’amico. Il film si intitola “Valis”.

Come dicevo agli inizi, questa non è una lettura facile. Con Philip Dick siamo sempre di fronte a testi particolari e tematiche complesse, ma in “VALIS” questi aspetti sono portati alle estreme conseguenze. Innanzitutto abbiamo una struttura narrativa caotica, che non segue un andamento cronologico prestabilito. Leggere questo romanzo significa assistere a proiezioni in avanti, flashback, dettagli spiegati e rispiegati in punti diversi della narrazione, senza che si segua sempre un ordine. Pur in questo “disordine” tutto viene spiegato, non c’è aspetto della vicenda del protagonista che non venga affrontato. Magari non viene analizzato subito, quando uno se lo aspetta, ma comunque basta attendere qualche capitolo e tutto trova spazio. Alla tematica profonda viene comunque affiancato un registro narrativo che talvolta sfocia nel grottesco, nell’ironia, aspetti che favoriscono la lettura e la rendono più piacevole.

I punti di vista cambiano con lo svolgersi della storia. Agli inizi abbiamo una prima persona, che in realtà diventa subito una terza, per cercare di simulare l’obiettività del narrato. In realtà, fin da subito, si capisce che Fat non è altri se non l’alter-ego diretto dell’autore stesso, dato che l’esperienza di cui è protagonista è capitata allo stesso Philip Dick. Così, quando il narratore diventa davvero Dick, con tanto di riferimenti diretti al suo status di scrittore di fantascienza con film come Blade Runner in arrivo, si apre uno scenario tipico della sua narrativa: l’impossibilità di discernere la realtà.

Se nella prima parte del libro seguiamo il progressivo distaccarsi di Fat da ciò che lo circonda, penetrando sempre di più in disquisizioni metafisiche, morali e religiose, alla ricerca del Dio – o meglio, del suo Dio – al punto da parlare di teofania ed Esegesi, nella seconda metà – dalla comparsa del film Valis in poi – ci si focalizza di più sulla percezione della realtà. A chi dobbiamo dare ragione, tra i due narratori? E anche all’interno dell’esperienza vissuta da Fat/Dick, cosa è vero e cosa invece è stato indotto? Se da un lato il libro sembra protendere verso una direzione, è anche vero che subito dopo assistiamo a un capovolgimento totale, dovuto a un colpo di scena che, visti i presupposti, non ci si sarebbe aspettati. In questo modo Dick ci riporta allo stato iniziale, in cui non possiamo assolutamente dire cosa sia davvero successo, e se i personaggi che abbiamo incontrato durante la storia sono davvero chi dicono di essere. Il romanzo, quindi, non presenta una soluzione univoca.

L’aspetto fantascientifico è, a dirla tutta, poco evidente. Tuttavia leggendo “VALIS” non si può non rimanere affascinati da certe implicazioni delle teorie – e delle percezioni/esperienze – di Fat/Dick. Anche se non abbiamo di fronte un’ambientazione puramente fantascientifica, alcune suggestioni filtrano attraverso i ragionamenti del protagonista. In particolare le disfunzioni temporali, dato che Fat dice di vivere contemporaneamente nel 1974 e nel I secolo d.C. Lo spazio e il tempo vengono quindi analizzati, piegati, sovrapposti, con il solito risultato di non riuscire più a comprendere cosa davvero sta succedendo e cosa si può definire reale.

Nonostante la difficoltà intrinseca del volume, dovuta alla presenza di citazioni e ragionamenti filosofici, religiosi e morali, “VALIS” si è rivelato, per me, un libro dalla lettura fluida e senza interruzioni. Le sue duecentotrenta pagine le ho divorate in poche ore, segno che i ragionamenti e le suggestioni in esso contenute, per quanto complesse, sono anche uno sprone particolarmente efficace per proseguire nella lettura, per affiancare Fat nella sua personale ricerca. Quando si arriva poi a VALIS, il coinvolgimento è tale che non ci si può proprio più fermare fino alla parola fine. Ovviamente questo può non valere per tutti, me ne rendo conto, ma se Philip Dick vi piace, “VALIS” è una lettura che saprà come tenervi incollati alla pagina.

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