Lavie Tidhar – Wanted

Lavie Tidhar

Wanted

(Orig. Osama – 2011)

Gargoyle Books

pp. 334 – Euro 18,00

Traduzione di Lorenzo Vetta e Annabella Campanozzi

Quarta di copertina.

Joe è un detective privato alla vecchia maniera e vive in un mondo in cui gli attacchi dell’11 settembre non sono mai avvenuti, anzi fanno parte di una famosa serie di romanzi che hanno come protagonista la figura, altrettanto immaginaria, di Osama bin Laden. Un giorno Joe riceve la visita di una misteriosa donna, che lo ingaggia per trovare proprio Mike Longshott, l’autore di quei libri; inizia così un’avventura paradossale fra Laos, New York, Londra, Parigi e, ovviamente, Kabul. Man mano che l’indagine di Joe progredisce, le cose si fanno sempre più strane e le certezze del detective cominciano a trasformarsi in lancinanti dubbi, tanto da portarlo a non essere più sicuro della sua stessa identità. Così, in un mondo senza terrorismo globale, Joe si ritrova ad affrontare nemici oscuri che cercano di impedirgli di scovare la verità che sta sotto a quella che lui ha sempre considerato la realtà. Wanted è un romanzo dai contorni noir in cui i confini tra reale e immaginario si confondono, in cui il thriller internazionale si tramuta in storia alternativa, e in cui Lavie Tidhar, con la sua bravura narrativa, delinea uno sconcertante ritratto dei nostri tempi.

Recensione.

Quando ci si ritrova per le mani un romanzo che si sa essere vincitore di un premio di alto livello come il World Fantasy Award (nel 2012, best novel) e si pensa che lo stesso romanzo è stato nella rosa dei nominati per il BSFA Award e per il John W. Campbell Memorial Award è inevitabile avere un alto livello di aspettativa, solleticato ulteriormente dal blurb riportato in copertina che paragona questo autore al Philip K. Dick degli esordi (per me il suo periodo migliore, ma questa è un’altra storia). Altro hype lo si va ad aggiungere quanto si presenta lo stesso romanzo come un testo dove compaiono elementi dai generi noir, thriller ed ucronia.

Con tutto questo ben presente ho affrontato la lettura di questo romanzo con qualche timore, memore di tante (troppe) fregature ricevute in passato e senza accorgermene mi sono trovato in un vero e proprio page-turner, uno di quei libri di cui si fatica ad interrompere la lettura. La narrazione si sviluppa su tre livelli e sono condotti con mano sicura da Tidhar, senza eccezioni di sorta. Il primo livello è quello citato nella quarta di copertina, un investigatore iconico che riceve un incarico peculiare da una donna molto particolare – la spinta per mettere in moto una vita monotona svolta ai confini del mondo occidentale e innescare tutto il resto. Joe è il protagonista noir ridotto all’essenziale nelle prime pagine, un antieroe cocciuto e determinato che si trova dopo poco a essere immerso negli altri due livelli a cui accennavo.

Il secondo livello lo si potrebbe definire meta narrativo, la ricerca del misterioso Mike Longshott passa anche attraverso la lettura dei suoi libri. Vengono presentati come tascabili pulp messi sul mercato da un editore di secondo piano che ha un catalogo ai confini del pornografico e sono viceversa scorci, momenti e cronache di qualcosa che conosciamo bene. Longshott è uno pseudonimo, un indizio, un biglietto da visita, un simbolo in grado di condurre Joe in un viaggio iniziatico che passa da luoghi che conosciamo a luoghi che potremmo conoscere se le cose fossero andate in maniera diversa. E’ qui che i confini della realtà e della percezione cominciano a farsi sfumati, è il punto di contatto con il terzo livello del libro – il viaggio della consapevolezza di Joe.

Mentre il tessuto della realtà sembra poco più consistente di una quinta teatrale e la nostra conoscenza del protagonista si fa più approfondita arriviamo alla parte più immaginifica della narrazione, quella che ha fatto nascere il paragone con Philip K. Dick. Nasce una crisi, la trama procede e si comincia a vedere come le pagine da leggere siano sempre meno. Viene da domandarsi se l’autore possa davvero concludere questo romanzo, se non verremo lasciati appesi a qualche maledetto cliffhanger o se ci toccherà assistere a un finale idiota come quello di Lost. Niente di tutto questo. Tidhar ci accompagna nelle ultime tappe del viaggio, alla catarsi e alla temuta parola “fine” con un crescendo di immagini ed emozioni (un premio a chi riconosce tutte le citazioni) lasciando un unico rimpianto. Quello di non potergli stringere la mano.

In sintesi: questo potrebbe essere il libro dell’anno.

Lavie Tidhar (nato in Israele nel 1976) è un autore attivo nei generi fantasy e science fiction, nonchè curatore di antologie (Apex, British Fantasy Society). Ha fatto la proverbiale gavetta con racconti e storie brevi pubblicando su nomi di rilievo come Clarkesword Magazine, Strange Horizons, Sci Fiction, Fantasy Magazine per poi passare a storie più lunghe in formato novel e romanzi. Attivo anche nel settore dei fumetti, nel 2014 dovrebbe uscire una serie di cui firmerà le sceneggiature. Oltre al presente romanzo ha pubblicato altri dieci titoli, l’ultimo ad essere arrivato sul mercato è “The Violent Century”.

 

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