Andromeda (serie TV)

Il nostro amico e collaboratore  Paolo Ungheri, aka il Narratore, ritorna trionfalmente sulle nostre pagine parlandoci di un progetto che avrebbe potuto essere grande.

Andromeda

Creato da Gene Roddenberry
Produttore esecutivo: Kevin Sorbo – Majel Roddenberry
Episodi: 110, 5 serie
Paese di produzione: Canada – Stati Uniti
Anno di produzione: 2000-2005
Interpreti principali: Kevin Sorbo, Lexa Doig, Lisa Ryder, Brent Stait, Keith Hamilton Cobb, Gordon Michael Woolvet, Steve Bacic, Laura Bertram, Brandy Ledford

Non potete immaginare quanto tempo mi ci è voluto per trovare le parole giuste per questa recensione.
Il problema è che da un lato abbiamo un’idea di Gene Roddenberry (e chi non lo conosce, peste lo colga), dall’altro un prodotto che è stato creato in seguito alla sua morte partendo solo da quella piccola idea di base.
Idea che, a quanto si sente dire in giro, non avrebbe dovuto essere niente di meno che un ipotetico futuro di Star Trek e dell’universo da lui creato.
Ma andiamo con ordine…

La serie inizia con una violenta battaglia, fra la Confederazione dei Sistemi (una sorta di Federazione, solo meno articolata) e una razza feroce e sanguinaria, i Magog. La federazione è in inferiorità, soprattutto considerato che i Magog sono davvero inarrestabili e non guardano in faccia a nessuno, arrivando a divorare i propri nemici.
E chi non viene divorato, subisce una mutazione, diventando lui stesso ciò contro cui ha combattuto.
Il capitano Dylan Hunt è al comando dell’Andromeda Ascendant, nave spaziale ammiraglia della flotta, impersonato nientemeno che da quel Kevin Sorbo famoso per aver vestito i panni di Hercules.
La battaglia finisce male e l’Andromeda (colpa anche un traditore a bordo) si ritrova bloccata nell’orizzonte degli eventi di un buco nero.
Secoli dopo, una nave di recupero con a bordo i quattro soggetti peggio assortiti della galassia, riesce a salvarla dalla distruzione, liberando anche il capitano (unico sopravvissuto a bordo) e dando il via a quello che è realmente la serie. I loro intenti non sono certo dei più nobili, infatti lo scopo è quello di rivendersi la nave e fare un sacco di soldi. Ma il destino ha altro in serbo per loro, e in men che non si di ritrovano a diventare il nuovo equipaggio dell’Andromeda.
L’universo è nel caos, la Confederazione non esiste più. Pianeti abbandonati a se stessi, risorse che scarseggiano e ovunque la sensazione che manchi qualcosa.
È qui che il capitano Hunt deciderà di riprendere da dove aveva interrotto e portare avanti la missione di ricostruire una nuova Confederazione, per mettere pace nell’universo e nella sua anima.

I punti di forza maggiori sono riconoscibili in almeno due fattori, il primo fra tutti è proprio l’Andromeda Ascendant.
Una nave guidata da un’IA divisa in tre parti (interpretata dalla splendida Lexa Doig): una latente,inserita nel computer principale, la seconda che si mostra attraverso gli schermi della nave e la terza che è sostanzialmente un cyborg (questa viene creata in seguito, diventando di fatto un personaggio fisso del cast). Queste tre personalità distinte sono il fulcro delle decisioni. La sua stessa triplice natura spesso la mette in disaccordo con le altre parti, costringendola così a rivedere ogni decisione da tutti i punti di vista e valutare ogni effetto o conseguenza.
Altro fattore interessante risiede proprio nel capitano.
Strano vedere Kevin indossare la divisa della Confederazione, ma devo ammettere che anche se l’effetto Hercules è sempre in agguato, l’attore ci mette del suo per far si che i due personaggi si differenzino l’uno con l’altro. Una buonissima interpretazione, che da vigore ad una trama complessa e articolata.

La trama è forse la colonna primaria di tutto il comparto. Ben strutturata, con alcuni passaggi che poteva essere evitati ma che nel complesso, alla luce di tutte e cinque le stagioni, vede una vera e propria evoluzione (e involuzione) arrivando verso il finale a toccare punte davvero epiche.
I personaggi non sono statici, semplici comparse, ma si evolvono, cambiano col passare del tempo e col susseguirsi degli eventi che li vedono protagonisti. Il migliore, se escludiamo Andromeda, è Trance Gemini, avatar di una stella che ricoprirà, episodio dopo episodio, un ruolo fondamentale e radicale all’interno della trama.
Ma questo non toglie spazio al resto dell’equipaggio, che fa quel che deve e si comporta degnamente.

Il livello di dettaglio grafico è notevole, ma visti i tempi in qui la serie ha visto la vita questo non stupisce più di tanto, anche se alcuni alieni hanno un aspetto decisamente plasticoso, facendo volare la mente a prodotti quali Power Ranger o simili.
Ma sono piccolezze, piccoli espedienti per risparmiare denaro. Certo, avremmo potuto vedere una serie perfetta, con razze aliene che sembrano uscite da Star Trek in fatto di perfezione, ma questo avrebbe potuto decretare l’interruzione di una storia che invece da il suo meglio solo se completa.
Perché, cosa non scontata di questi tempi, Andromeda ha un finale degno di essere definito tale.
Ed è nel finale che tutto si fonde, arrivando anche a sfiorare il metafisico, in un connubio di perfezione narrativa.

Si vede il tocco di Roddenberry, questo è indubbio, così come si vedono gli errori grossolani compiuti da chi ha cercato di interpretare la sua visione della storia.
I riferimenti si sprecano, soprattutto quelli legati alla filosofia e alla letteratura classica (ne sono un esempio i Nietzscheani, razza geneticamente modificata per essere perfetta), ma anche religione e, ovviamente, il mai tanto osannato universo di Star Trek.
Rimane il fatto che si tratta di un prodotto godibile, molto più di tanta roba che si trova in giro, e che regala svariate ore di divertimento e di battaglie spaziali, oltre al dispiacere di non aver potuto godere di un prodotto portato avanti dal suo stesso creatore, che ne avrebbe delineato i pregi in maniera migliore di quanto non sia stato fatto.

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