Il crowdfunding di Pashazade – un caso scuola?

Il recente crowdfunding organizzato da Zona42 per finanziare la traduzione e la pubblicazione di Pashazade, di John Courtenay Grimwood, ha recentemente raggiunto il successo.
O forse no. Ma, di fatto, non importa.
Negli ultimi anni il crowdfunding – anche chiamato Kickstarter, dal nome della più popolare fra le piattaforme che permettono il finanziamento dal basso – è diventato uno degli strumenti più popolari e di successo per la creazione di opere legate al genere. Antologie, ristampe di testi storici dimenticati, film e serie televisive, sono stati resi possibili dall’azione combinata dei fan, che con contributi monetari diversi hanno finanziato questi progetti.
Tradizionalmente, i kickstarter in Italia hanno una scarsa fortuna – il pubblico è profondamente diffidente, spesso chi organizza e presenta il progetto è meno che brillante nella comunicazione, e non riesce a convincere.
Sono molti, moltissimi i kickstarter che falliscono nel nostro paese.
D’altra parte, il crowdfunding si presenta come uno strumento sostanzialmente darwiniano – esiste una selezione. Se il progetto convince il pubblico, il pubblico paga e il progetto si realizza. Se il progetto non convince, non si fa.

E questo naturalmente è un peccato – perché esistono progetti degnissimi, che sarebbe bello vedesero la luce – ma semplicemente, per una infinità di motivi, non ce la fanno. È parte del sistema. A meno che, naturalmente, non si decida che alla fine non importa. In linea con i risultati statistici della maggior parte dei kickstarter italiani, anche il progetto, lodevolissimo, di far finanziare dal basso la traduzione e la pubblicazione di Pashazade non ha raccolto la cifra prevista.
I dati sono pubblici – stando ai numeri pubblicati dalla piattaforma, il progetto ha raccolto circa due terzi della cifra necessaria. Un bel risultato, ma non abbastanza. E questo, sia chiaro, è un vero peccato – è un peccato perché si tratta di un progetto eccellente, portato avanti da persone in gamba, per dare ai lettori italiani un testo che merita di essere letto. Ma il crowdfunding è fallito. Succede.
A questo punto, i ragazzi di Zona42 hanno preso una decisione che è, probabilmente, la peggior decisione che si possa prendere in una situazione del genere – hanno aggiunto di tasca la differenza.
Il crowdfunding è fallito ma è stato un successo comunque. Il libro si farà.
Dato che per noi l’obiettivo di pubblicare Pashazade è prima di tutto un impegno preso nei confronti di chi ci segue e ci sostiene, abbiamo deciso di versare la cifra mancante per premiare chi ha creduto nella nostra proposta e ha voluto contribuire fattivamente a portare in libreria il primo titolo di una trilogia che contiamo possa appassionare i lettori tanto quanto ha appassionato noi.
E davvero, Pashazade è un gran bel libro, e piacerà a coloro che lo leggeranno.
Ma il principio alla base del kickstarter, che i progetti meritevoli vengono finanziati dai fan, è stato negato. Che voi ci crediate o meno, che sia un progetto meritevole o meno, che voi abbiate versato un euro o cento euro, non ha importanza.
La scelta, che viene presentata come tributo a coloro che hanno creduto nel progetto, implicitamente premia chi non ci ha creduto. Legittima i cinici, che dicono che è tutta una truffa, è marketing che fa leva sulla passione e sulla credulità, una manovra per abbindolare i fan e far loro credere di contare qualcosa. Quelli che ora possono dire, visto? Non ha importanza, tanto se lo vogliono fare lo fanno comunque, con o senza i vostri spiccioli. E naturalmente non è così – Zona42 è un gruppo di persone in gamba che lavorano duro e fin qui hanno rischiato di tasca per tutto ciò che hanno fatto, e ciò che hanno fatto è ottimo. Ma col crowdfunding di Pashazade hanno reso un pessimo servizio al futuro del kickstarter nel nostro paese. Perché hanno tolto ai fan proprio ciò che li anima – l’idea di poter contare qualcosa. Hanno chiesto l’opinione del pubblico – se vi piace, pagate – e poi hanno dimostrato di infischiarsene.
Hanno negato il principio meritocratico del crowdfunding implementando la vecchia pratica nazionale del sei politico. Vincono tutti. Ma così la vittoria perde ogni significato. Era, ed è un ottimo progetto. E sì, era necessario rendere merito a tutti coloro che ci avevano creduto. Ma non così. Perché al prossimo giro, non ci crederanno più. E chi lo finanzierà, il prossimo crowdfunding di Zona42? O di chiunque altro?

Un momento di chiarezza – di Angelo Benuzzi

Mi accordo alle considerazioni di Davide Mana, con cui concordo al 101%, per aggiungere altri elementi che ritengo utili per una vicenda come questa. Per esempio, ci sarebbe il concetto di “regole non scritte”; ovviamente non ci sono leggi o disposizione che proibiscano a chi promuove una campagna di crowdfunding di prendere la decisione che hanno preso i ragazzi di Zona42. Di conseguenza la liceità di detta decisione non è in discussione. Rimane il fatto che le raccolte fondi hanno delle regole non scritte, ben spiegate da Davide, e che la Rete ha più memoria di quanto sembri – persino in Italia. Verrebbe da chiedersi quanto ne valga la pena, anche a fronte di un libro eccellente.

In Italia chi si muove commercialmente nel settore editoriale ha già degli handicap notevolissimi. Mercato ristretto come numeri, scarsa possibilità di acquisire visibilità sui media, problemi seri di distribuzione, costi strutturali altissimi, burocrazia kafkiana e tante altre cose. In altre parole, l’iniziativa di aprire una casa editrice senza avere alle spalle chissà quali capitali è un vero e proprio atto di coraggio. Proprio per questo è necessario non sbagliare nulla come comunicazione, programmazione, business plan e scelte di catalogo. Un episodio come questo è una “buca” pesante, che potrebbe avere conseguenze prolungate nel tempo. Senza un rapporto diretto ed immediato con i propri potenziali lettori non si innesca l’unica pubblicità veramente utile – il passaparola – il che presuppone costruire con il tempo una relazione che si regge su due pilastri, la qualità del proprio lavoro e la fiducia. Della prima abbiamo già avuto prova, la seconda ha appena preso un ceffone in pieno viso.

Come molti di voi anche io ho finanziato dei progetti via crowdfunding, la maggior parte dei quali non ha visto la luce. Alcuni di quei gruppi o autori hanno trovato altri modi di portare a compimento i loro lavori, altri si sono dedicati ad altri progetti in attesa di tempi migliori. E’ così terribile non avere successo? Un modello di business o una realtà imprenditoriale non si fermano a fronte di un incidente di percorso, lo usano per migliorare le proprie strategie di comunicazione e marketing e dare più forza ai progetti successivi. Non è certamente facile avere accesso al credito, specialmente ora e due volte peggio in Italia; da qui l’idea di rivolgersi ai potenziali clienti/lettori. Ma se il mercato ti dice “no, grazie” non è per colpa dei clienti/lettori che non ti hanno capito. E’ segno che la propria campagna è perfettibile e/o che il proprio sistema di marketing ha bisogno di una controllata. Io personalmente e l’intero gruppo di IFET vogliamo vedere Zona42 raggiungere il successo che merita, senza se e senza ma. Ma a chi ci legge ripeto la domanda di Davide: chi finanzierà la prossima campagna?

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