David Brin – L’Universo dell’Uplift

Secondo post sui Killer B’s, il trio di scrittori di hard SF formatisi all’UCLA e che hanno raggiunto l’attenzione delle cronache alla fine degli anni ’70.

Dopo Gregory Benford, il più vecchio dei tre, è ora il turno di David Brin – autore del quale abbiamo già parlato recentemente per l’uscita del nuovo romanzo, Existence.
Autore dal catalogo ampio e variato, che allinea space opera, fantascienza post-apocalittica, hard SF altamente speculativa e saggistica, Brin ha un curriculum estremamente colorito.
Come facevano notare i comunicati stampa della Berkley quando Brin esordì per i loro tipi, questo è davvero uno scienziato che ha fatto rocket science.

E nella vasta produzione di Brin, il titolo più popolare con i lettori italiani è certamente quello legato all’Universo dell’Uplift.

At 40 million kilometers, the Sun was a chained hell. It boiled in black space, no longer the brilliant dot that the children of Earth took for granted and easily, unconsciously, avoided with their eyes. Across millions of miles it pulled. Compulsively, one felt a need to look, but the need was dangerous.

Ora, apriamo con un bel disclaimer – sono un fan di David Brin, fin da quando lessi Sundiver ai tempi del liceo.
Ho letto gran parte di ciò he ha scritto – attualmente mi sto aprendo la strada attraverso The Transparent Society per la seconda volta – ammiro le sue capacità come scrittore e come scienziato, e quando metto mano ad una storia di fantascienza, se mi incarto (e succede), la domanda ovvia è “Cosa farebbe David Brin?”
A confermare la mia estasi da fanboy, David Brin si è anche dimostrato un individuo di una cortesia e di una disponibilità estrema quando, tempo addietro, lo avvicinai per cooptarne la collaborazione al progetto Alia.

Parlare del ciclo dell’Uplift significa parlare di ciò che maggiormente mi attrae nell’opera di uno dei miei autori preferiti.
Ciò rende questo post molto facile e molto difficile.

Cominciamo con un rapido riassunto delle puntate precedenti.
Uplift, in che senso?

L’idea alla base della serie (sei romanzi – tre più o meno a se stanti e tre in forma di trilogia – più alcuni racconti) è che le Cinque Galassie (inclusa la nostra) siano popolate da un certo numero di specie intelligenti, legate da un rapporto clientelare.
In un passato remotissimo, i Progenitori (scomparsi da strani eoni) hanno “innalzato” (uplifted) alcune specie animali, dotandole di intelligenza.
Atto di generosità o calcolato sfruttamento? Questo ha poca importanza.
Ciascuna di queste specie ha successivamente fatto altrettanto con altre specie… e così via, in una catena che lega da milioni di anni la specie cliente ad un periodo di servitù forzata sotto alla specie patrona, prima del conseguimento di una dignità (quasi) pari, e la possibilità di elevare altre specie a propria volta.
Il rapporto patrono-cliente ha un significato più o meno sacrale (con diversi gradi di integralismo), ed un significato politico abbastanza ovvio.
Poi, un giorno, la civiltà delle Cinque Galassie si imbatte in un pianeta marginale, popolato da una razza di mammiferi bipedi che si fanno chiamare “umani”.
E cominciano i problemi.

In primo luogo, gli umani sostengono di non aver subito l’uplift, ma di essersi evoluti spontaneamente fino all’intelligenza.
Che è un’eresia (nel vero senso della parola).
Secondariamente, gli umani hanno manipolato geneticamente due specie del proprio pianeta – scimpanzé e delfini – arrogandosi perciò il titolo di specie patrona per un loro piccolo uplift illegale e non sanzionato.
Che è una seconda eresia ed un peccato di gravità incommensurabile, pari a quello di upliftare una specie e poi abbandonarla a se stessa (come alcuni pensano sia accaduto agli umani).

Se il primo contatto causa perciò un discreto stravolgimento della civiltà umana (ci sono persone che vogliono credere che noi si sia stati upliftati da un patrono alieno), gli effetti sulla civiltà delle Cinque Galassie non sono da meno, tanto a livello politico che a livello religioso.
C’è chi odia gli umani, chi vorrebbe reclamarne l’uplift, chi in fondo li trova simpatici, chi li considera semplicemente utili.

E poi ci sono i casi specifici, dati dal fatto ched gli umani sono, di fatto, dei piantagrane irrispettosi, insofferenti dell’autorità e maledettamente fortunati.
C’è quel’incresciosa faccenda nella corona solare (Sundiver), ad esempio, o quella storia di una flotta spaziale fossile, forse appartenente ai Progenitori (Startide Rising), o quella brutta faccenda dell’invasione della colonia di scimpanzé su Garth (The Uplift War).
E poi tutto il resto…

 

Fins had been making wisecracks about human beings for thousands of years. They had always found men terribly funny. The fact that humanity had recently meddled with their genes, and taught them engineering, hadn’t done much to change their attitude.
Fins were still smart-alecks.

Ora, prima che qualcuno cominci a piangere… in termini di scrittura, Brin non è un poeta eccelso.
La sua prosa è efficiente e funzionale  e per lo meno in prima battuta privilegia il contenuto rispetto alla forma – e si adatta perciò benissimo ai temi ed alle atmosfere che deve descrivere.
D’altra parte, se leggo Startide Rising (Nebula ’83 e Hugo ’84), non sto cercando, non voglio e non mi aspetto Jack Vance – voglio Brin, e Brin è quello che trovo, e va benissimo.
[per quanto, se cerco Jack Vance, magari Glory Season potrebbe piacermi]
Ma non stiamo parlando di un rude meccanico.
Una tecnica abbastanza tipica (Brin la usa anche in Earth, del 1990, altro romanzo imprescindibile, che ha all’attivo una ventina di previsioni azzeccate sul futuro del nostro pianeta) è quella di presentare un mosaico di capitoli, ciascuno da un differente punto di vista, in modo da fornire al lettore un progressivo accumuilo di informazioni su quale sia la varietà e la struttura dell’universo descritto.
Che non è mica male come sistema – perché mi risparmia le 1800 pagine con le appendici, la mappa e la grammatica e mi lascia concentrare sulla sostanza…
E naturalmente, in Earth, c’è la guerra del mondo contro la Svizzera…  ammettetelo, lo volete leggere…

Nel ciclo dell’Uplift, come nelle sue altre opere,  livello dei personaggi Brin crea individui complessi ma non esageratamente, piuttosto credibili – che siano umani,post-umani, delfini, scimmie (compariranno anche i gorilla upliftati) o strane creature aliene – ed inseriti costruttivamente in civiltà a loro volta credibili, con le loro struture di pensiero, le loro credenze, i loro problemi.
E se l’autore tifa ovviamente per i terrestri (anche noti come Terragen o EarthClan)… beh, noi anche, giusto?

Sostanzialmente ottimista, Brimn ama descrivere personaggi decenti e competenti alle prese con problemi che mettono alla prova le loro capacità e la loro fibra morale.

La fantascienza di Brin mi piace perché è hard science fiction senza essere fantascienza difficile (scusatemi, il giochino di parole funziona solo in inglese).
Brin è un fisico, e nel rappresentare il funzionamento dell’universo non devia eccessivamente dalla realtà, se non per inserire quegli elementi funzionali alla storia (viaggi su distanze interstellari e intergalattiche, gravità artificiale ecc). La dignità scientifica è salva, e i romanzi aderiscono alla concezione di fantascienza come narrativa di idee.
Contemporaneamente, tuttavia (e come la maggior parte deglia autori che prediligo, ora che ci penso) David Brin è capace di prendere concetti classici della fantascienza dell’età eroica – flotte di 50.000 astronavi, vaste civiltà galattiche, un sacco di alieni dall’aspetto bizzarro, battaglie, intrighi… – e qualsivoglia elemento pseudoscientifico gli faccia gioco – dagli UFO alle astronavi sulla preistoria di Kolosimo e Von Daniken – aggiornarli, renderli scientificamente coerenti, e inserirli così in una storia che non scade mai nel pulp o nell’autocompiacimento o nella parodia.
Ed a questo punto il gioco si fa davvero interessante, perché avendo trasportato elementi classici in storie estremamente coerenti dal punto di vista scientifico, Brin scrive delle ottime, divertenti avventure che toccano dei temi significativi.

Non ci si annoia e si pensa.

Non si tratta solo di un sacco di mostri che danno la caccia a umani, scimpanzé e delfini in un baraccone retrò ma coerentissimo (per quanto ci sia molta azione, ed un buon livello di sense of wonder).
Si tratta di storie che trattano elementi come l’ecologia, la civiltà, la responsabilità, i temi della politica e della religione, del fanatismo, della disonestà intellettuale (e delle sue conseguenze nefaste).
Per questo, la prima volta che ho sentito parlare di “guerra di civiltà” dopo il 9/11, io ho pensato all’Uplift.
Ma non nel senso di torpedini fotoniche e mostri tentacolati – ma in termini di un concetto che sconfigge se stesso, che è peggio di quanto potremmo immaginare, perché il trucco non è fare la guerra alle civiltà, ma trovare dei punti di contatto, riconoscere ciò che di noi esiste negli altri.

E poi, naturalmente, c’è il fatto che l’universo di cui scrive David Brin è l’unico che valga la pena.
Un universo indifferente e non necessariamente benigno, ma razionale, governato da leggi che si possono studiare e comprendere, nel quale i problemi si affrontano ragionando e mettendo in comune le risorse, in cui non esistono predestinazioni, giochetti dinastici o elite genetiche, in cui tutti partono alla pari (o potrebbero partire alla pari) con un cervello – che è l’unica cosa che conta.

Un universo in cui il futuro è comunque meglio del passato.

E parlando di futuro – è probabile che il prossimo anno porti nuovi titoli per il ciclo dell’Uplift.
Si comincerà con la ristampa in due omnibus delle due serie precedenti, e probabilmente per la fine dell’anno qualcosa di completamente nuovo potrebbe comparire sugli scaffali.
Una buona notizia, finalmente.

ADDENDUM:

Per chi volesse rifarsi gli occhi, nel 2008 la CGSociety usò il ciclo dell’Uplift come tema per l’annuale concorso fra illustratori ed animatori specializzati in computer grafica.
Qui si trovano le opere dei vincitori.

ADDENDUM #2:

Ci sono prospettive reali che sembrano andare nella direzione dell’uplift, provate a guardare questo video.

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