Isaac Asimov – Io, Robot

Andiamo sul classico che più classico non si può oggi, con “Io, Robot” di Isaac Asimov. Uscita nel 1950, questa raccolta contiene nove racconti, slegati l’uno dall’altro, ma accomunati dall’ambientazione condivisa – e sviluppata pian piano da un racconto all’altro – e dalla tematica principale, la robotica.

Siamo in un mondo in cui  i robot sono progressivamente più evoluti, ideati, progettati e sviluppati dalla mega-corporazione U.S. Robots. Dapprima esteticamente grezzi e con funzionalità limitate, i robot diventano man mano più complessi, dotati di cervelli positronici sempre più avanzati. In questo scenario ricorrono dei personaggi fondamentali: Gregory Powell e Michael Donovan, collaudatori, incaricati di verificare il funzionamento dei nuovi robot e trovarne difetti e pecche; Susan Calvin, robopsicologa, l’unica capace di sondare le menti artificiali dei robot. Tutte le storie prendono spunto dalle famose tre leggi della robotica:

  1. Un robot non può recar danno a un essere umano né può permettere che, a causa del proprio mancato intervento, un essere umano riceva danno.
  2. Un robot deve obbedire agli ordini impartiti dagli esseri umani, purché tali ordini non contravvengano alla Prima Legge.
  3. Un robot deve proteggere la propria esistenza, purché questa autodifesa non contrasti con la Prima o con la Seconda Legge.

I racconti riguardano sì la robotica e i robot, ma in particolare quasi tutti prendono spunto dalle tre leggi e cercano di individuare apparenti contraddizioni o situazioni limite generate dalla coesistenza delle tre esigenze dovute alle leggi. Tuttavia la raccolta si apre con “Robbie“, racconto in cui questo elemento è del tutto assente. In esso assistiamo alla paura per la tecnologia e per l’alienazione sociale che essa comporta da parte della madre della piccola Gloria. La narrazione è interessante, devo ammettere che è un ottimo racconto con cui iniziare a leggere il libro.

Viceversa i racconti in cui i protagonisti sono Powell e Donovan sono indissolubilmente legati alle tre leggi e ai suoi contrasti interni. Se “Circolo vizioso” credo sia quello riuscito meglio da questo punto di vista, per la solidità della spiegazione del contrasto tra le leggi, ho trovato “Essere razionale” e “Iniziativa personale” piuttosto deludenti. Inoltre nei racconti con Powell e Donovan ci sono numerosi momenti in cui l’immedesimazione viene rotta dai dialoghi dei due scienziati, che in teoria dovrebbero sapere tutto quello di cui hanno bisogno per lavorare, e invece sono presenti molte battute a uso e consumo del lettore, per fargli arrivare informazioni necessarie allo sviluppo dell’ambientazione, ma che i due personaggi dovrebbero sapere benissimo e non dovrebbero ricordarsi a vicenda l’un l’altro. Il risultato è che il realismo viene piuttosto rovinato da questi dialoghi e anche se le informazioni sono fondamentali, si potevano trovare modi più realistici per farle arrivare al lettore. In ogni caso quello che rende così diversi i tre racconti è proprio la logica ricercata nel mettere in contrasto le tre leggi. Senza scendere in dettagli rivelatori, in “Circolo vizioso” la spiegazione mi è parsa completamente soddisfacente, mentre sia in “Essere razionale” che in “Iniziativa personale” ho trovato un po’ tirato addirittura il presupposto di partenza, con il risultato che la risoluzione, a mio modesto avviso, è proprio sottotono.

I, Robot

I, Robot

La seconda parte di racconti ha per protagonista Susan Calvin, robopsicologa descritta più volte in maniera non lusinghiera dal punto di vista estetico dall’autore, ma dotata di un’intelligenza vasta e capace di risolvere contrasti complessi nei cervelli positronici dei robot. In “Bugiardo!“, per quanto il presupposto di partenza sia inverosimile, nonostante ci si trovi in un contesto fantascientifico, lo sviluppo è interessante. Se, insomma, si sorvola sul fatto che un difetto di fabbrica abbia donato a un robot la capacità di leggere i pensieri, il modo in cui Asimov declina questa facoltà seguendo le leggi della robotica è piuttosto interessante. Il racconto più bello tuttavia, in questa seconda metà, è “La prova“, in cui la risoluzione finale è proprio riuscita bene.

Con “Io, Robot” siamo nella fantascienza classica, ma devo ammettere che globalmente la lettura è sì piacevole, ma non entusiasmante, almeno per il mio gusto. Dei nove racconti solo un paio sono del tutto soddisfacenti. Anche i personaggi devo dire che sono analizzati poco e nulla, con il risultato che io non sono riuscito a stringere un forte coinvolgimento con le loro azioni, che erano al centro dell’interesse della storia. Lo stile poi soffre, nella prima parte, di quegli eccessivi passaggi di informazioni, che mi hanno più volte fatto storcere il naso.

Quindi “Io, Robot” è un bel libro, un classico che ogni appassionato di fantascienza non può non avere letto, ma per quanto mi riguarda la qualità è decisamente altalenante.

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