Gdzie jestes, Luizo? (film)

Il nostro collaboratore Luigi Castellitto, alias Occhio alle espressioni, ritorna sulle nostre pagine con un film polacco degli anni ’60.

Gdzie jestes, Luizo?

Polonia, 1964

Regia: Janusz Kubik

Soggetto: Czeslaw Chruszczewskiego

Sceneggiatura: Janusz Kubik

Lo scrivente, allo scorrere delle prime immagini di quest’opera, ha subito pensato ad un romanzo ed anche ad un fumetto della sci-fi più pura: sarà stato per via della lunga strada spoglia e spartana e dal sapore futurista presente, sarà stata la presenza di una comunicazione radio, con tanto di retro tecnologia, che è un simbolo del nostro genere, oppure per via di quel livido bianco e nero che tramuta anche una semplice automobile, centro estetico focale dell’opera, in una sorta di astronave di congiungimento fra entità di diversi mondi… Poi la “conferma ufficiale”: al centro dell’immensa autostrada compare una poltrona, sì, una poltrona, che non si sfigurerebbe come opera del Bauhaus, con seduta sopra un’eroina da copertina di cartaceo fantascientifico.

Con gli accenni più precisi sullo scorrere dei fotogrammi, seppur esplicativi ai fine della comprensione tecnica, mi fermo qui, il lettore sappia solo che la vicenda1 continua con il “solito” e benvenuto test per la razza umana — utilizzando dei campioni “tipo”— da parte di una realtà extraterrestre: quella canonica scintilla da cui poi non scaturiscono raggi da pistole laser, ma profonde analisi, dialettica evolutiva, sul cosa abbiamo noi, presunta razza primitiva, e cosa hanno loro, le nostre tecnologie e le loro, il loro immenso potere, le loro sensibilità, il nostro vivere quotidiano con impegni d’affari, amici, la televisione; il contenuto del nostro inconscio da archiviare ai fini del loro studio.


C’è il disco volante, bello ma semplice, come quelli del decennio di produzione (e quello prima…), ci sono gli effetti sonori robotici e le voci sintetizzate. È fantastico quando si esprime la protagonista Luizo (il titolo è traducibile come Dove sei, Luisa?), sia per impatto audio che visivo, bellezza spigolosa e marziale, tipica di una specie ultraterrena.
Essenziale il reparto luci, la fotografia di Boguslaw Lambach, artigiano locale del ruolo, è gestita in maniera tale da valorizzare i tratti dei protagonisti, con i loro primi e primissimi piani e le recitazioni compassate. Normale scelta, il contorno è un fumoso buio, rapportabile ad una dimensione luogo-tempo fra i due mondi di contatto, dove v’è solo un’impersonale landa con burroni e scarpate, scelta di proposito da… “loro”. E lì vi hanno montato anche un tendone da circo come laboratorio, ohibò!


Divertenti gli effetti che si fondano sulle possibilità tecniche di allora, vicini al grottesco e allo slapstick, ma, si sa, quando un’entità più potente assume il controllo, si è spesso visto che la realtà “inferiore” assume al ruolo di marionetta.

Tornando ai suoni, di fianco ai default di genere, non possiamo non citare gli alienanti silenzi, vero e proprio culto per il sottoscritto, nonché il regalo uditivo finale che ci riporta per qualche attimo in Occidente, ma con la volontà di riprendere subito il razzo che fa da spola verso la socialist-sci-fi.

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