Ascension (serie TV)

A partire dal prossimo mese di novembre dovrebbe (il condizionale è d’obbligo) partire questa miniserie sul benemerito canale SyFy, usiamo una minima misura di prudenza data la facilità con cui sulle emittenti statunitensi si provvede a cancellare serie e produzioni in avanzato stato di lavorazione o di cui siano già stati consegnati episodi. Perchè Ascension è interessante? Che ne dite di una nave generazionale, diretta discendente del progetto Orion?

Questo progetto è una sequenza di sei episodi da sessanta minuti ciascuno, un formato abbastanza inconsueto che pare essere più pensato per l’after market che non per la prima messa in onda. Stando ad alcune dichiarazioni di Philip Levens, il suo creatore, l’idea di fondo è quella di ragionare su una serie di film più che sul tradizionale sistema degli episodi da 25-30 minuti delle serie standard, il che dovrebbe dare spazio al lavoro del cast e ad una trama più complessa di quanto solitamente vediamo passare in televisione. Ma cos’è Ascension?

Si parla di una nave generazionale, ovvero di una struttura in grado non solo di viaggiare nello spazio ma di sostenere in maniera autosufficiente la vita a bordo di una intera comunità. Nel caso specifico stiamo parlando di qualcosa come 600 persone e di un viaggio destinato a durare cento anni. Come avrete intuito dall’immagine di copertina è un progetto americano, concepito e messo in essere nel periodo più buio della Guerra Fredda come estremo tentativo per salvare la razza umana nel caso di un conflitto nucleare a livello MAD sul nostro pianeta. La narrazione partirà dal nostro presente, ovvero dal momento in cui Ascension sarà quasi arrivata al punto di non ritorno della missione, cinquanta anni dopo la sua partenza. A scatenare gli eventi, un omicidio.

Uno dei focus di questa serie sarà il mostrarci questa società, un frattale dell’America che è svanita sul nostro pianeta, e la sua evoluzione parallela dopo decenni di forzato isolamento. Saranno sicuramente riconoscibili come americani, nessun dubbio. Ma come saranno cambiati? Separati dal nostro pianeta, dal flusso della nostra storia e dall’evoluzione delle nostre culture, come si saranno adattati alle condizioni di vita sull’astronave? Il cast non offre nomi di grande richiamo, il che può essere un bene per non veder dominare la scena da qualche “prima donna” a scapito della gestione della trama.

La nave omonima in sè è affascinante. Già concepirla, ragionare in termini di sistemi destinati a durare un secolo, pensare in termini di generazioni, tentare di prevedere le conseguenze tecniche di un viaggio come questo è materia degna di quell’entusiasmo meraviglioso che era presente negli anni ’60 quando si parlava di esplorazione spaziale. Nelle interviste di lancio della produzione l’hanno paragonata a una super nave da crociera trasposta in termini da viaggio interplanetario ma il progetto da cui deriva concettualmente altro non è che l’Orion. Il che significa usare esplosioni nucleari controllate per avere propulsione, non esattamente un concetto da poco. Nella storia che conosciamo l’esperimento Orion fu cancellato dopo i primi trattati sui test delle armi nucleari ma l’idea continua ad essere suggestiva ed è stata ripresa anche da studi molto più recenti.

Anche l’aspetto dell’indagine criminale è interessante. Se tutto il tuo mondo è fatto da 600 persone e non ci sono le strutture di un vero dipartimento di polizia come si può scoprire la verità? Cosa può nascondersi nei meandri di una missione come questa, che cosa può essere maturato nella mente di persone nate nello spazio? Sullo sfondo poi rimane una questione estremamente simbolica: il momento in cui si passerà il punto di non ritorno, la fase in cui o si decide di tornare indietro o si porta a termine la missione di colonizzazione, con tutto quello che comporta.

La verosimiglianza di una missione come questa, in sè e per sè, rimane discutibile. 600 persone sono un pool genetico troppo ridotto e la dimensione della nave dovrebbe essere veramente ambiziosa per permettere di portare in un qualsiasi pianeta le risorse necessarie per far partire un progetto sostenibile. Rimane comunque un’idea interessante e per una volta, è bello vedere che una serie di fantascienza non ci parla di qualche futuro post catastrofe o di civiltà degenerate oltre qualsiasi redenzione. Incrociamo le dita!

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