La fantascienza italiana è morta?

Questo articolo nasce da una discussione sui social media nata durante l’ultimo fine settimana, a partire dalla domanda fatta da Dario Tonani e riportata nel titolo.

L’argomento non è nuovo e se ricordano varie iterazioni pubbliche nei decenni scorsi, spesso questa tesi viene sostenuta in maniera molto seria da persone ampiamente informate rispetto a come vanno le cose nel mondo editoriale e/o in grado di esprimere critiche ragionate sul versante narrativo-letterario. Quindi si potrebbe dire che ci risiamo, no? Oppure questa volta c’è qualche argomento in più per dare credito alla tesi della fine del nostro genere di riferimento?

Per chi fa il minimo sforzo di consultare i rapporti annuali dell’ISTAT e dell’AIE (Associazione Italiana Editori) sapere che il mercato editoriale è in grave crisi non è proprio una novità. Le stesse fonti permettono anche di constatare che l’atteso boom del settore ebook è ancora al di là da venire anche se nello specifico i dati sono in netta ascesa. Cosa vuol dire tutto questo? Semplice, si vendono meno libri e in generale ci sono sempre meno lettori. Andrebbe aggiunto che si sta restringendo anche il numero dei cosidetti “lettori forti”, concetto su cui torneremo più avanti. Questi sono dati generali, in cui la fantascienza ha un ruolo minore in termini di vendite.

Entrando più nel particolare e andando a vedere i singoli filoni editoriali, quello che ci si aspetta di solito è quello di trovare delle controtendenze; ovvero generi o sottogeneri che hanno una grande performance e che in parte compensano cali molto più pesanti di altri settori. Sono dati che interessano molto gli operatori del settore e che negli ultimi vent’anni hanno progressivamente portato a un mercato sempre più appiattito sui trend più commerciali, fino a faticare a distinguere reali differenze nei cataloghi di molti editori. Questo mette in evidenza un fattore importante: il totale abbandono da parte di molti operatori del concetto di “linea editoriale” e di una propria identità aziendale. Un esempio? Guardate cos’è successo con l’affermarsi della saga di Harry Potter. Quanti cloni si sono affacciati sul mercato negli anni successivi? Quanta narrativa young adult è stata scaricata sul mercato?

Anche il fenomeno dell’appiattimento dell’offerta di mercato, citato sopra, riguarda il settore della fantascienza. Salvo poche e lodevoli eccezioni, non avete notato come i trend proposti a livello tematico si differenzino poco o nulla da editore a editore? E come anche autori di buon livello si pieghino a seguirli, seguendo le indicazioni delle case editrici? Per dirne una, quante distopie dark&gritty ci hanno propinato ultimamente? Quante volte, scorrendo la quarta di copertina o il post di presentazione di un nuovo libro, avete pensato “è sempre la stessa storia”? Non è difficile intuire che questo non faccia bene alla salute di un settore narrativo. Peccato che si vedano ben pochi segni di inversione di tendenza in questo senso, quasi tutti da parte di piccoli operatori indipendenti che sono distribuiti in maniera minima nel nostro paese.

L’ultima parte del discorso che riguarda le case editrici è quella delle scelte di catalogo. L’autore o autrice straniero, non importa proprio da dove venga, è più gradito di quello italiano. A meno che non si accettino pseudonimi come negli anni ’50 e ’60. Ovvero, si applica la massima di Fruttero&Lucentini sull’implausibilità di una fantascienza italiana, malgrado decenni di ottime prove da parte di fior di autori nostrani. Quindi è meglio acquistare i diritti di un titolo straniero, pagare un traduttore (di solito poco e in ritardo) e pubblicare con una fascetta assurda (Un milione di copie in USA!) che tanto nessuno va a verificare. Questo è un problema “storico” della scena italiana ed è tuttora un fattore pesante da considerare. Per ora chiudiamo questa parte del discorso, il primo vettore della crisi.

Un altro vettore è quello economico, c’è poco da nascondere in questo senso. Se in generale girano meno soldi l’intero settore “cultura” in Italia è tra i primi a soffrire, con tutto quello che ne consegue. Il terzo vettore è quello della pirateria, dove siamo arrivati a grandi livelli di bassezza. Quando si arriva a diffondere come copia pirata un ebook che in originale costa meno di un euro non si fa “giustizia sociale” come è toccato leggere di recente. Si celebra invece una controcultura, quella del “ti frego” che si vuole essere espressione di furbizia. Tutto questo porta a dire una cosa secca: non è la fantascienza italiana ad essere morta o moribonda, è il mercato editoriale che ci sta salutando dalla bara.

Altro punto di vista, le politiche culturali nel nostro paese. Pensate quello che volete sui partiti e i movimenti ma i fatti sono sempre quelli certificati anno per anno dall’ISTAT e dalle indagini OSCE. Calano gli investimenti nella scuola, crescono gli abbandoni scolastici, peggiora il fenomeno dell’analfabetismo di ritorno. Prima di commentare, andate a vedere i dati. Già che ci siete, guardata anche quelli relativi all’emigrazione degli ultimi cinque anni e fissate l’attenzione al cambiamento più recente: non stanno andando via solo i laureandi / specializzandi, non vanno via solo i giovani. Se ne vanno anche i 40-50enni, la spina dorsale dell’economia italiana. Il nostro paese sta contemporanemente diventando più ignorante, più vecchio e meno produttivo. Siamo nel bel mezzo di un cambiamento pesante e le prospettive non sono rosee, specialmente se non si fa nulla per invertire queste tendenze.

A proposito dei lettori forti, cui si accennava prima. Vi siete mai chiesti come mai vengano valutati come tali in Italia coloro che leggono un libro al mese, ovvero 12 all’anno, quando in Francia e in Germania ne servono 20 per arrivare a questa soglia simbolica? Visto mai che altri mercati siano “storicamente” più forti?

Facciamo adesso un passo indietro, guardiamo alle condizioni sociali in cui si sono sviluppati tanti classici della Golden Age o della Silver Age. Il mondo era un posto migliore allora? Era meglio vivere sotto l’ombra della guerra nucleare tra est e ovest? In molti paesi non c’erano diritti fondamentali come il voto universale, il divorzio o l’aborto. Come mai secondo voi da quegli anni ci arrivano classici colmi di sfida verso il futuro, di voglia di costruire e di scoprire i segreti del nostro universo? Attenzione, questo riguarda anche la fantascienza italiana. Andatevi a rivedere cosa scrivevano i maestri di allora, andate a chiederlo a chi è ancora tra noi. Dovremmo forse concludere che gli scrittori e le scrittrici di oggi non hanno il coraggio e la voglia di vivere dei loro predecessori? Pensare cose del genere avrebbe davvero poco senso, oltre ad essere inutilmente irrispettoso.

Infine, un invito a tutti. Non confondiamo il contesto con il genere, non mettiamo sullo stesso piano gli sforzi degli scrittori o degli altri operatori del settore con il caos che è stato descritto in questo articolo. Anche perchè esiste un altro modo di stare sul mercato, quello che permette di ridiscutere dalle fondamenta il rapporto tra pubblico e professionisti. Se le case editrici non sono in grado di adattarsi al presente e ancor meno di pensare al futuro, è tempo di fare il passaggio ad altre forme di gestione. Diventare indipendenti, consorziarsi in factory, cercare di sbarcare su altri mercati. Il futuro passa da cose come queste, non da inutili polemiche.

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