Intervista a Francesco Troccoli

Ciao, Francesco. Ti ringrazio per la disponibilità. Innanzitutto, ricordo che Ferro Sette è il tuo romanzo d’esordio. Come è stato vedere il tuo nome sullo scaffale di una libreria?

Il termine “emozionante” sarebbe banale e riduttivo. Diciamo che quando ho visto il libro per la prima volta sullo scaffale (anzi, per la precisione, impilato accanto alla cassa) della Libreria Amore e Psiche a Roma, ho visto concretizzarsi i frutti di un lavoro assiduo nel quale ho investito moltissimo, al punto da intraprendere una trasformazione radicale della mia vita.

Parliamo un po’ del libro. Come ti è venuta l’idea per scrivere FERRO SETTE?

Volevo esprimere in chiave fantascientifica il mio disgusto per il valore inaccettabilmente alto che nella cultura e nella società viene attribuito al processo produttivo e alle sue implicazioni economiche. In altre parole, mettere al bando l’idea che l’essere umano non sia e non possa essere migliore delle merci che produce, e il fatto che la nostra identità di donne e uomini venga troppo spesso definita in funzione di ciò che facciamo, quanto guadagniamo, quanto siamo insomma “redditivi”, invece che da ciò che siamo e che realizziamo a prescindere dal valore economico.

Nei ringraziamenti citi il racconto Il cacciatore. Avevi già in mente di farne un romanzo? Come hai lavorato per sviluppare e ampliare la trama?

In effetti Ferro Sette è nato proprio da quel racconto. Dopo averlo terminato, mi resi presto conto che la storia aveva molte potenzialità da sviluppare e iniziai a prolungare la narrazione. Diventò un romanzo quasi senza che me ne accorgessi. A coronamento di un’intuizione felice, Il Cacciatore (questo era anche il titolo iniziale di Ferro Sette), pubblicato da Edizioni della Vigna cui si riferisce il ringraziamento, vinse il Premio Giulio Verne all’inizio di aprile 2011, ovvero tre giorni prima che Curcio mi proponesse di pubblicare il romanzo, che nel frattempo avevo scritto e inviato loro.

Dietro alle avventure di Tobruk Ramarren, hai proiettato un tema molto discusso in questi tempi di crisi, quello della produttività (e del suo prezzo). Che importanza ha questo tema nell’economia del romanzo?

Un’importanza centrale. Ferro Sette spinge alle estreme conseguenze il prezzo da pagare, in termini di vita umana, per rispondere alle necessità del processo produttivo. Mi sono chiesto dove potremmo un giorno andare a prendere la quantità di tempo che occorre per aumentare la produzione, e la risposta è quella spiegata già nelle prime pagine del romanzo.

Oltre a FERRO SETTE, un altro romanzo uscito di recente, I senza-tempo di Alessandro Forlani, affronta un tema attuale. Pensi che sia una coincidenza, o che in tempi di crisi c’è un ritorno di tematiche “serie” nella narrativa d’intrattenimento?

Spesso la fantascienza attinge a piene mani dalla realtà, e la realtà dei nostri tempi è purtroppo dominata da questo tema. Forse gli scrittori hanno il compito, in questo momento, di denunciare i rischi di questa frenetica corsa all’accumulo di denaro, una corsa i cui veri attori, i soli che ne beneficiano, sono i membri di una èlite ben protetta. Una corsa di cui la massa paga il prezzo in termini umani. La fantascienza ha molte più armi della narrativa “convenzionale” per essere efficace in questo ruolo. è la cultura di fondo che va cambiata.

Passiamo a te. Non solo scrittore e blogger, ma presumo che tu conduca anche una vita “normale”. Come riesci a conciliare questi due aspetti della tua vita?

Da quando ho lasciato la mia carriera in una multinazionale statunitense mi sono riappropriato del mio tempo. Un po’ come i minatori di Ferro Sette. Il che, naturalmente, ha significato livellare verso il basso il proprio tenore di vita, guadagnando quanto basta per vivere dignitosamente e poter continuare a scrivere. La mia attuale occupazione come libero professionista è la traduzione scientifica, attività che pure posso gestire in totale autonomia e conciliare con la scrittura. Saltuariamente lavoro inoltre con la mia voce, come speaker/doppiatore. In merito al Blog, http://fantascienzaedintorni.blogspot.it/, confesso che trascorro molto tempo in internet, perciò partecipare alla Rete come autore oltre che come utente mi viene naturale, come per la scrittura.

FERRO SETTE è il tuo primo romanzo, ma hai scritto anche svariati racconti. Proprio quest’anno hai pubblicato la raccolta Domani forse mai, in collaborazione con l’associazione RiLL – Riflessi di Luce Lunare. Come è nato questo libro?

La mia collaborazione (anche se ormai posso dire amicizia) con i “Rillini” è iniziata partecipando al ben noto Trofeo letterario già nel 2005. Da allora, fra vittorie, piazzamenti, presentazioni, organizzazione di reading, video-racconti e rappresentazioni teatrali, è stato un continuo susseguirsi di attività, coronato quest’anno dalla proposta di RiLL di essere l’autore del secondo libro della nuova collana monografica. Si tratta di nove racconti, scritti fra il 2008 e il 2011, selezionati in una rosa di circa venti.

I racconti presenti in Domani forse mai non sono strettamente di fantascienza, e il sottotitolo infatti recita “Racconti fantastici”. Questo perché ti piace spaziare e lo stabilisci a priori, oppure scopri il genere solo con la parola fine? In altre parole, come nascono le tue storie?

Non c’è una regola precisa. Ma forse hai ragione, spesso solo con la parola “fine” si scopre di che racconto si tratti, e in qualche caso non saprei tuttora classificare alcuni racconti in termini di genere. Personalmente le etichette mi interessano poco. Amo tutto ciò che è fantastico in senso lato, e nell’ampio spettro che va da Buzzati ad Asimov (li prendo come estremi per pura comodità), non saprei dove collocare  i confini fra i vari generi e sottogeneri. L’importante, per me, è scrivere storie che usino il fantastico per parlare di esseri umani e, possibilmente, stupire il lettore con mezzi che la narrativa generale non si prende il lusso di concedersi.

Leggendo FERRO SETTE ho l’impressione che a scrivere sia un grande appassionato di fantascienza. Sono presenti citazioni e ammiccamenti, per esempio il cognome “Ramarren” tratto da un romanzo della Le Guin. Ci metterei anche Heinlein, per una certa scena nella seconda parte del libro. Quali sono i tuoi autori di riferimento?

Be’, hai citato le due maggiori fonti di ispirazione di Ferro Sette, e quindi due dei miei principali autori di riferimento. La Le Guin, in particolare, ha da me ricevuto una copia di Ferro Sette e mi ha promesso che la leggerà, il che mi dà i brividi. Ma ci sono anche O. S. Card, M. Bishop, I. Asimov e, per venire ai più “giovani”, R. K. Morgan. Oltre a questi, ci sono autori che non hanno nulla a che vedere con l’ambientazione di Ferro Sette, come l’inglese Jasper Fforde, o italiani come Buzzati e Calvino, che se vuoi scrivere devi aver letto.

Hai altre fonti di ispirazione, oltre alla narrativa?

Direi che la realtà di tutti i giorni, non solo quella “sociale” ma anche quella individuale, apparentemente più ovvia e quotidiana, è ricchissima di spunti. E poi ci sono le vicende personali, più private, più intime, spesso anche quelle sono un ottimo humus cui attingere. Il che avviene spesso e involontariamente.

 

Una domanda obbligata. Quali sono i tuoi progetti futuri, in campo letterario?

Sto lavorando al sequel di Ferro Sette, che resta in ogni caso un romanzo del tutto auto-conclusivo, ci tengo a sottolinearlo. Inoltre ho in mente un romanzo del tutto diverso, non di fantascienza in senso stretto. E poi ci sono tanti altri racconti in arrivo, in raccolte di AA.VV., e una curatela di una raccolta di fantascienza di altri AA.VV. Insomma tanta carne al fuoco. Il 2013 promette bene…

Per concludere, toglimi una curiosità. Leggo che sei membro del collettivo di autori “La Carboneria Letteraria”. Ci vuoi spiegare di cosa si tratta?

La Carboneria Letteraria è un collettivo di poco più di venti autori, non solo di fantascienza, molto prolifico nella produzione di racconti e opere varie. Siamo in realtà un gruppone di amici che oltre al piacere enogastronomico condividono la passione per la lettura e la scrittura. Diversi miei racconti sono stati pubblicati in raccolte curate o prodotte da Carbonari. Il termine fa riferimento al sano spirito rivoluzionario che secondo me dovrebbe albergare in ogni buon scrittore. E, per inciso, in ogni buon… essere umano.

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