Riddick (film)

Il nostro collaboratore Andrea Viscusi ci regala una recensione sul restart della franchise con protagonista Vin Diesel.

Riddick (2013)

Diretto da David Twohy

Soggetto di Jim Wheat e Ken Wheat

Aver visto Riddick (talvolta sottotitolato Rule the Dark) al cinema nel 2013 non è stato affatto scontato. La saga di Riddick infatti ha una storia piuttosto travagliata, e a differenza di altri più fortunati franchise, non si è subito imposta sul mercato, ma si è scavata poco a poco una nicchia fino ad attirare l’attenzione del pubblico. Ripercorriamo i passi salienti: nel 2000 esce il film Pitch Black, un action-sci-fi che vede come punta del cast Vin Diesel interpretare un ricercato intergalattico naufragato con una navetta su un pianeta disabitato e inospitale, popolato di creature feroci che proliferano nel buio della lunga eclissi in corso. Il film, prodotto a basso budget e senza troppo clamore, nel corso degli anni diventa un cult del genere, tanto che nel 2004 lo stesso autore del primo film David Twohy prepara un seguito: The Chronicles of Riddick*. Il film, che rispetto al precedente assume un respiro più ampio, mostrando sprazzi della civiltà interplanetaria in cui è ambientata la storia, purtroppo si rivela quasi un flop, e lascia poco spazio per andare avanti. Ma è proprio Vin Diesel ad insistere, e trovare il tempo (e i soldi) tra un Fast and Furios e l’altro, per avviare il progetto di un terzo film. La produzione non è filata liscia, e in un paio di momenti sembrava che il film non sarebbe mai stato finito, ma finalmente è stata annunciato settembre 2013 come data ufficiale di distribuzione, e Richard B. Riddick è tornato sullo schermo.

Riddick è innanzitutto un ritorno alle origini, ovvero a Pitch Black. Lo è in molti sensi: storia, struttura, riferimenti. Quegli elementi che, apparentemente, avevano fatto fallire The Chronicles of Riddick, qui sono stati liquidati rapidamente. Non ci sono più quindi eserciti di fanatici quasi-morti, non ci sono elementali dell’aria e Riddick non deve più salvare l’universo. Tutto si riduce a una sfida di sopravvivenza in un ambiente ostile, combattendo contro mostri e mercenari. La trama è piuttosto semplice: dopo essere stato scaricato dai Necromonger (di cui era diventato sovrano alla fine del secondo film) su un pianeta desolato, Riddick decide di dover tornare alla sua “parte animale”, e lo fa in modo pressoché letterale, confrontandosi con la fauna ostile che popola il suo nuovo habitat. Quando però scorge l’arrivo di un pericolo eccessivo anche per lui, decide che è il momento di andarsene, e lancia così un segnale con un radiofaro, facendosi identificare proprio come Riddick, la cui taglia è ancora attiva e raddoppiata nel caso sia consegnato morto. Al richiamo rispondono subito due gruppi di cacciatori di taglie (o merc, come vengono chiamati nella saga), che con obiettivi e tecniche diverse cercheranno di catturare il fuggitivo. In realtà l’obiettivo di Riddick è semplicemente quello di lasciare il pianeta, ed è disposto a lasciar partire anche i suoi cacciatori, ma quando questi nascondono le batterie delle astronavi, si ritrova costretto a usare la forza. In seguito, saranno gli stessi merc a rivolgersi a lui, quando il pericolo diventerà troppo elevato e raggiungere le navi per andarsene equivale a una missione suicida.

Niente di nuovo, quindi. Ma francamente, nessuno si aspettava da questo film innovazioni sconvolgenti. Chi va a vedere Riddick cerca principalmente due cose: i combattimenti e le spacconerie. Ed entrambi non mancano, i primi fin da subito, nella lunga sequenza (forse quasi un terzo di film) in cui Riddick si “ambienta” sul pianeta, dapprima difendendosi e poi attaccando le bestie del posto, le seconde quando i merc, da sempre i nemici numero uno del protagonista, arrivano sul pianeta e minacciano di catturarlo di nuovo. Da questo punto di vista il film è pienamente soddisfacente. E lo è anche nei collegamenti a Pitch Black, che sono più che sottintesi: non solo la storia di naufragio e scontro con predatori alieni è simile, ma alcune scene sembrano richiamare quelle del primo film (ad esempio Riddick e Johns che fronteggiano i mostri spalla a spalla), e gli stessi eventi di Pitch Black sono citati e tornano centrali. Rispetto al primo della serie, Riddick è però più cruento, non risparmia esplicite amputazioni e spruzzate di sangue, non al limite dello splatter ma comunque abbastanza colorite.

Una cosa che personalmente ho sempre gradito nella saga cinematografica di Riddick è che i personaggi non interagiscono solo tra di loro, ma anche con l’ambiente in cui si trovano, le cui caratteristiche risultano determinanti. L’eclissi di Pitch Black, così come l’alba su Crematoria in The Chronicles (per inciso, a me questo secondo film è piaciuto, ma a quanto pare sono uno dei pochi), e l’incessante pioggia che scatena in Riddick la crisi finale, sono tutti elementi aggiunti che contribuiscono a rendere il contesto più ampio e credibile, superando il limite della storia “assassino ricercato in space”, che è lo stereotipo di questo genere di film. Certo, nessuno si aspetta dalla saga di Riddick approfondimento psicologico (per quanto il protagonista abbia una sua etica) e speculazione sociale, ma già aggiungere qualcosa al semplice sbudellamento è positivo. A livello tecnico bisogna ammettere che le scenografie e gli effetti grafici sono di buon livello. I mostri in CGI sono del tutto credibili, e in particolare lo “sciacallo” che Riddick si porta dietro per un po’ mostra un’espressività eccellente, sicuramente spremuta in motion capture dal cane di qualcuno della produzione.

I personaggi di Riddick sono tutti abbastanza schematici. Tralasciando Vin Diesel, che già conosciamo e che amiamo così (lui stesso si ama nei panni di Ricky Riddick), i nuovi comprimari ricoprono il loro ruolo senza troppi fronzoli. Tra di loro forse il migliore è Jordi Molla con il suo capo-merc volgare e rozzo, esatto opposto del capo dell’altra squadra. Nel cast figura anche David Bautista, ex wrestler, che di certo non è stato incluso per la sua espressività. Forse un po’ deludente è il ruolo di Katee Sackhoff, l’attrice conosciuta soprattutto per il suo ruolo di Kara Thrace/Starbuck nella serie Battlestar Galactica: deludente perché, di fatto, la Dahl di Riddick è proprio Starbuck. Stesso personaggio, la soldatessa dura e inflessibile, che tiene testa agli uomini che la insidiano ed è la prima a voler accendere le micce. Probabilmente il fatto che sia stata scelta lei deriva proprio dalla sua familiarità con il ruolo, ma proprio per questo, chi l’ha conosciuta nel telefilm qui rimane leggermente spaesato, quasi aspettandosi di vederla urlare “Fracking Cylons!

In definitiva, Riddick è un buon film, per gli obiettivi che si prefiggeva. Il legame con Pitch Black è ristabilito, e in questo modo Twohy ha astutamente mascherato un reboot con un nuovo capitolo con cui portare avanti la saga (che dovrebbe contare altri due film per concludere i filoni lasciati aperti, come quello del pianeta di origine di Riddick). Non ci troverete niente di particolarmente sorprendente, e anzi alcune sequenze sono abbastanza prevedibili, ma è quel prevedibile del tipo “stai a vedere che ora gli succede questo”, che quando viene confermato ti lascia soddisfatto. Per quanto mi riguarda, in ogni caso, devo ammettere che amo tanto il personaggio che mi accontenterei anche di qualcosa come Riddick: crash the bathtub.

*Forse non tutti sanno che in realtà tra Pitch Black e The Chronicles of Riddick si inserisce un cortometraggio animato, Dark Fury, realizzato anch’esso nel 2004, che mostra i tre sopravvissuti del film catturati da una collezionista di criminali. Anche i videogiochi Escape from Butcher Bay e Assault on Dark Athena hanno una precisa collocazione nella timeline della saga, e sono stati tutti doppiati e supervisionati dallo stesso Vin Diesel.

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